Monday, May 15, 2006


Disillusione.

Questa parola mi ronzava nella mente, nel volume assordante del mio I-pod, mentre guidavo la mia ford abbondantemente sopra i limiti di velocità per le strade poco trafficate del ponte ”con-tre-giorni-di-vacanza-te-ne-fai-quindici”. Le feste appena passate mi avevano lasciato con un senso di stanchezza, morale oltre che fisica. L’impalcatura autoprotettiva che mi ero costruito intorno, sorretta dalla costante presenza, giorno e notte, di amici e amiche al mio fianco era crollata con un gran fragore nei fumi dell’alcol della mattina del primo gennaio. Non è una novità che il giorno dopo una colossale sbronza (e se c’è di mezzo qualche sostanza illegale ancor di più) mi vengano i sensi di colpa e mi metta a fare pensieri strani e, solitamente, cupi… ma stavolta duravano di più. Evitando per un pelo una smart con un adesivo “scuola guida” (su una smart???) prendevo l’ennesimo appunto mentale per il mio strizzacervelli (i miei amici odiano che lo chiami psichiatra!) “perché dopo un paio d’anni mi stufo di qualsiasi cosa?”. Mi sarei dovuto ricordare di scriverlo da qualche parte una volta fermata la macchina. Guidare, ascoltare musica a volume da discoteca in cuffia, pensare e scrivere è troppo anche per uno come me che si considera “multitasking”. Sicuramente me lo sarei scordato nel giro di poco.
Avevo bisogno di dormire. Una vera dormita. Una di quelle senza pensieri. Una di quelle dormite che cominci sul divano leggendo un libro e finisci a letto senza capire come sei passato dall’uno all’altro luogo e, per una volta, non per i fumi dell’alcol.
D’altro canto il pensiero di tornare a casa, e stare solo mi faceva un po’ l’effetto di guardare nel vuoto… mi attirava e spaventava allo stesso tempo.
La tasca della giacca continuava a vibrare. L’ennesimo messaggio di una brava ragazza capitata nel momento sbagliato della mia vita (ce n’è mai stato uno giusto? E mai ci sarà?). L’avevo ferita senza volerlo ma senza eccessivi sensi di colpa.

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