
Mercoledì di parole
Mercoledì a Milano.
Una serata inutile. L’Armani è chiuso. Al Radetzky non c’è nessuno. Al cinema ci vanno gli universitari chè costa meno… non so se il Just è aperto o no… comunque sarà vuoto.
Che senso ha vivere a Milano se non c’è niente da fare il mercoledì sera?
Niente? Forse.
Parole.
C’è la possibilità di sentire parole a Milano il mercoledì.
Libri.
Niente paura. Nessun obbligo di comprare un libro o, peggio, leggerlo.
Nessuna fatica. C’è chi lo fa per te.
Ieri, mercoledì appunto, Valeria Solarino e Caterina Murino.
Belle fighe non c’è che dire… quasi quasi rendono accettabile anche la lettura.
Poi c’è lui. L’autore.
Ieri era Andrea De Carlo.
Allora alla parola si aggiunge la musica.
Oltre ad essere stato l’uomo della Giorgi – post Ciavarro – e (ah sì) a scrivere, De Carlo suona vari strumenti. E pure bene!
Chissà quanta gente… che coda paurosa… una cosa così bella e per giunta GRATIS…
Sedie libere.
Non tantissime ma ce n’erano.
Non per sfiducia nelle suddette fighe. Sono state pure brave.
E nemmeno per lo scrittore. Vende. E pure tanto.
C’era persino Sgarbi obbligato ad una presenza “istituzionale”.
Un discorso anche niente male... e poi via… 100 sms in un ora e mezzo di reading! Nemmeno un quattordicenne in crisi ormonale. Se la Prof. Moratti lo interrogasse si prenderebbe un bell’impreparato. Se non scriveva, smucinava le donnine accanto a lui… e quelle non fuggivano nemmeno in preda al disgusto… Mah!
Morale: Sgarbi ha colto della lettura – e della musica – molto meno della colonna in cemento al centro del palco. Poco male. Affari suoi.
Invece negli altri… in quelli che c’erano… le parole e la musica hanno fatto presa.
Cera chi ascoltava a occhi chiusi. Chi annuiva. Chi immaginava la scena letta e scritta.
Perché ha ragione De Carlo.
Lo scrittore e il lettore sono simili: l’uno deve creare un immagine mentale per far sì che le parole non siano che segni neri sul foglio bianco, l’altro deve anche lui creare un immagine per far si che la pagina non sia che un susseguirsi lezioso di parole.
Però per capirlo bisogna aver letto. O almeno ascoltato.
E per aver ascoltato bisognava esserci.
Magari di mercoledì che l’Armani è chiuso e il radetzky è vuoto.
Che senso ha vivere a Milano se non c’è niente da fare il mercoledì sera?
Niente? Forse.
Parole.
C’è la possibilità di sentire parole a Milano il mercoledì.
Libri.
Niente paura. Nessun obbligo di comprare un libro o, peggio, leggerlo.
Nessuna fatica. C’è chi lo fa per te.
Ieri, mercoledì appunto, Valeria Solarino e Caterina Murino.
Belle fighe non c’è che dire… quasi quasi rendono accettabile anche la lettura.
Poi c’è lui. L’autore.
Ieri era Andrea De Carlo.
Allora alla parola si aggiunge la musica.
Oltre ad essere stato l’uomo della Giorgi – post Ciavarro – e (ah sì) a scrivere, De Carlo suona vari strumenti. E pure bene!
Chissà quanta gente… che coda paurosa… una cosa così bella e per giunta GRATIS…
Sedie libere.
Non tantissime ma ce n’erano.
Non per sfiducia nelle suddette fighe. Sono state pure brave.
E nemmeno per lo scrittore. Vende. E pure tanto.
C’era persino Sgarbi obbligato ad una presenza “istituzionale”.
Un discorso anche niente male... e poi via… 100 sms in un ora e mezzo di reading! Nemmeno un quattordicenne in crisi ormonale. Se la Prof. Moratti lo interrogasse si prenderebbe un bell’impreparato. Se non scriveva, smucinava le donnine accanto a lui… e quelle non fuggivano nemmeno in preda al disgusto… Mah!
Morale: Sgarbi ha colto della lettura – e della musica – molto meno della colonna in cemento al centro del palco. Poco male. Affari suoi.
Invece negli altri… in quelli che c’erano… le parole e la musica hanno fatto presa.
Cera chi ascoltava a occhi chiusi. Chi annuiva. Chi immaginava la scena letta e scritta.
Perché ha ragione De Carlo.
Lo scrittore e il lettore sono simili: l’uno deve creare un immagine mentale per far sì che le parole non siano che segni neri sul foglio bianco, l’altro deve anche lui creare un immagine per far si che la pagina non sia che un susseguirsi lezioso di parole.
Però per capirlo bisogna aver letto. O almeno ascoltato.
E per aver ascoltato bisognava esserci.
Magari di mercoledì che l’Armani è chiuso e il radetzky è vuoto.

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